lunedì 3 giugno 2013

FERRO DI CAVALLO

I ferri di cavallo sono considerati i più universali fra i portafortuna. 
Il ferro di cavallo fu considerato portafortuna, in origine, per la sua somiglianza alla mezzaluna, il simbolo di Iside. La credenza nella virtù di questo oggetto è molto diffusa in tutto il mondo, e in ogni luogo se ne spiegano diversamente le ragioni. 


I cinesi vedono nel ferro di cavallo la somiglianza al corpo curvato di Nagendra, il serpente sacro, mentre per i turchi ricorda la mezzaluna.

Da un'origine militare (nell'esercito romano le truppe marciavano a piedi e solo gli ufficiali andavano a cavallo) la perdita di un ferro da zoccolo causava una sosta, e quindi riposo, per le truppe. Rubare o trovare ferri di cavallo era così diventato un gioco tra i soldati e chi ne trovava di più era il vincitore, e quindi il più fortunato. 

In Irlanda una leggenda narra che uno degli dei pagani, durante una cavalcata, perdette un ferro di cavallo che cadde sulle Isole Smeraldine, inondate dal mare, per cui le acque si arrestarono e le isole non furono sommerse.



In Inghilterra l'origine di questa tradizione consiste nella leggenda di Saint Dunstan, un maniscalco che diventò arcivescovo di Canterbury nell'anno 959. Inchiodò un ferro di cavallo allo zoccolo del diavolo mentre gli era stato chiesto di ferrare il suo cavallo. Il diavolo fu liberato solo dopo che ebbe promesso di non entrare mai più in un luogo protetto da un ferro di cavallo sulla porta.


La tradizione che il ferro di cavallo sia un portafortuna trae anche origine dai tempi in cui gli uomini erano divisi in nobili cavalieri e poveri contadini in cui le classi sociali erano ben precise.

Succedeva che i poveri contadini stavano nelle loro misere dimore e vedevano sfrecciare i cavalieri avvolti nei loro splendidi mantelli, equipaggiati di speroni e corazza. Il contadino li ammirava da lontano, ma se il cavallo del cavaliere perdeva un ferro allora il cavaliere era costretto a fermarsi e il contadino poteva dargli una mano e rimediare così qualche moneta in cambio dell’aiuto prestato. Da qui il fatto che il ferro di cavallo diventa un portafortuna solo se trovato per strada e poi appeso sulla porta di casa.


A questo portafortuna furono attribuite ogni tipo di buone proprietà, anche perchè il ferro è un metallo che vince il malocchio. Il FERRO è uno dei primi materiali che l'uomo ha lavorato, viene estratto dalle viscere della terra e secondo le credenze più antiche, si origina da un fulmine, quindi è un elemento di unione tra cielo, terra e fuoco. La sua durezza lo rende uno scudo ideale contro il pericolo e il male.

I romani inchiodavano ferri di cavallo alle pareti per difesa contro la peste, e stavano attenti che le estremità del ferro fossero rivolte versol'alto.  Allo stesso modo vengono attaccati i ferri di cavallo in tutto il mondo, con la spiegazione che, se il ferro fosse voltato in un altro modo, la fortuna potrebbe scappare fuori.

Un'altra interpretazione vuole che la cattiva sorte venga tenuta prigioniera dentro il cerchio e, poichè lo spirito malvagio non sa trovare l'apertura in alto, deve correre qua e là dentro il ferro.
Tuttavia, le tradizioni differiscono sia su questo punto, che sul fatto se debbano essere nuovi o usati, trovati o acquistati, e se possano essere toccati.
In alcune tradizioni, qualsiasi effetto benefico o dannoso può interessare solo il proprietario del ferro di cavallo, e non la persona che se lo appende sulla porta. Quindi, se un ferro viene rubato, o semplicemente trovato, sarà il proprietario, non la persona che l'ha trovato o rubato, a ricevere la buona o la cattiva sorte. Altre tradizioni richiedono che il ferro debba essere stato trovato per caso per essere efficace.



domenica 2 giugno 2013

IL SALE

Secondo l’antica tradizione scaramantica, gettare il sale caduto alle spalle è forse uno dei gesti scaramantici più conosciuti da scettici e non.
In merito alle origini del suo utilizzo come elemento scaramantico facciamo riferimento ad alcuni cenni storici.
Il sale è un simbolo sacro. Non si dice fo

rse che “il diavolo offre sempre pietanze senza sale”?? Questo perché il sale esorcizza il male, ma anche perché il sale, grazie alle sue proprietà cicatrizzanti e disinfettanti permette di tener lontano il malocchio.
Un tempo il sale era un bene molto prezioso e veniva usato per innumerevoli scopi. Versarlo dunque era un grosso danno, e questo ha fatto si che nella tradizione si associasse alla sfortuna. Nell’antichità i romani, oltre a donarlo ai neonati e con esso la saggezza, versavano il sale sul terreno dei vinti. Prenderlo e gettarselo alle spalle vuol quindi dire trasformare la sconfitta in vittoria, e diventare noi stessi vincitori.
Il sale era una sorta di ricompensa per i lavoratori delle miniere di sale, se cadeva, era come se si fosse buttato via uno stipendio; per questo che uno stipendio si chiama anche salario.
È stata sempre viva in passato l’idea che la mancanza di sale rappresentasse un cattivo auspicio: significava la fine, la mancanza, la malattia e l’insicurezza. Ad esempio il pane senza sale a Firenze rappresentava il simbolo della resistenza della città assediata.
Va ricordato in oltre che in Madagascar le due parole “sale” e “sacro” sono uguali. Si dicono “Fanasina”!
Esso simboleggia anche amicizia e fedeltà perché esse, proprio come il sale, possono scomparire e ricomparire solide come pietra! Proprio in merito all’amicizia e alla fedeltà occorre far riferimento all’opera il “cenacolo” dove Leonardo da Vinci, nel suo grande capolavoro, ha dipinto sotto i gomiti di Giuda proprio una saliera rovesciata.
I diversi valori simbolici del sale ed i rituali ad esso collegati trovano spesso una spiegazione proprio nelle sue proprietà fisiche. Il suo simbolismo di purezza viene sia dal suo colore che dalle sue proprietà di conservazione.



venerdì 31 maggio 2013

‘O SCARTELLATO


‘O Scartellato così chiamato nel dialetto napoletano non è altro che il gobbo.

Egli è una figura popolare molto nota nella tradizione napoletana e stando alle superstizioni porta fortuna toccargli la gobba. Secondo le antiche credenze infatti, lo scartellato è indice di buon augurio - porta benessere, ricchezza e prosperità - pertanto è visto come l’antagonista dello jettatore.








Nella Smorfia napoletana ‘o scartellato corrisponde al numero 57, mentre nella realtà partenopea è un singolare amuleto fatto di plastica, di corallo o di altro materiale ancora, ed è usato solitamente come il tipico“ curniciello” (corno) rosso napoletano.



Lo scartellato ha un enorme gobba alla schiena e questa sua deformazione fisica lo costringe a camminare chino in avanti, ma bisogna aggiungere che nell’immaginario collettivo è raffigurato con un cilindro nero in testa, con una giacca nera, papillon rosso, camicia bianca e infine le sue gambe hanno proprio la forma del “curniciello” rosso.

Nel 1932, fu realizzato anche un film sulla figura di questo personaggio popolare, trattasi del primo film sonoro di Raffaele Viviani, per la regia di Alessandro Blasetti.




mercoledì 29 maggio 2013

L' AGLIO




L'aglio, da sempre ha avuto un peso importante nel campo dell'occulto: è un amuleto contro spiriti cattivi.
La funzione di amuleto è tipica delle piante del sottosuolo, sacre agli inferi che nella tradizione precristiana mediterranea, non avevano valenza negativa, ma impersonavano le energie positive della terra.

Il nome sanscrito dell'aglio significa "uccisore di mostri" e pertanto si diceva avesse potere contro streghe e vampiri grazie alle sue proprietà antibatteriche in quanto questi spiriti erano considerati dei parassiti.

In Egitto l'aglio era considerato alla stregua di una divinità e veniva somministrato agli schiavi per aumentare la loro resistenza fisica. Anche nella tomba del faraone Tutankhamon sono stati trovati bulbi di aglio messi lì con lo scopo di allontanare gli spiriti cattivi . Il valore che essi gli attribuivano era infatti tale che meno di sette chilogrammi bastavano per acquistare un giovane schiavo. Si narra addirittura che durante la costruzione di una piramide, essendo venuta a mancare questa preziosa pianta, gli schiavi avrebbero dato vita al primo "sciopero" mai documentato, convinti come erano che essa aumentasse la resistenza fisica.

Gli sportivi dell'antica Grecia, lo consumavano prima delle gare, mentre i Galli mangiavano l'aglio prima del combattimento. Inoltre alcuni importanti medici greci menzionano l'aglio come antidoto al morso dei serpenti. Nell'antica Roma,quando si voleva indicare colui che apparteneva ad una classe sociale più bassa, si diceva "allium olere" (puzzare d'aglio).
Nel Medio Evo, oltre che protezione contro il demonio, veniva usato per prevenire la peste e il colera.
Sempre nel Medio Evo i medici usavano delle mascherine imbevute di succo d'aglio per proteggersi dalle infezioni. Durante il Rinascimento, l'aglio venne bandito dalle mense dei più ricchi a causa del cattivo odore che dava all'alito, ai gas intestinali e al sudore.
Oggi per ridurre l'effetto che ha sull'alito, bisogna masticare un po' di prezzemlo o qualche chicco di caffè.

E' stato accertato che il succo fresco dell'aglio esercita un'azione antisettica che combatte numerosi germi patogeni. A questo proposito, tale proprietà si rivelò estremamente utile durante la Prima guerra mondiale, quando i medici delle armate britanniche, francesi e russe, trattarono con il succo di aglio le ferite infette dei soldati, mentre durante la Seconda guerra mondiale fu particolarmente utilizzato dai medici dell'Armata Rossa, e proprio per questo motivo fu chiamato "la penicillina russa".
In Sicilia l'aglio si usava pesto con olio e aceto ponendolo sull'ombelico per guarire dai vermi intestinali. Sempre in Sicilia, inoltre, veniva utilizzato anche per curare la malattia detta purpu  (polipo degli occhi) con il seguente scongiuro: si toccava la testa del purpu con uno spicchio d'aglio con cui si facevano tre croci recitando preghiere a Santa Lucia.

In alcuni paesi del meridione, portarlo addosso l'antivigilia di San Giovanni, serviva a proteggersi dagli spiriti maligni. Anticamente i contadini della provincia di Napoli si recavano nella città e nei paesi vicini con trecce di agli sulle spalle e attiravano le massaie dando le voci:
"NA' BBONA 'NZERTA D'AGLIE! UE' L'AGLIO"
"GUARDATE CA CAPE D'AGLIE.
SO CH'ELLE D''A FRAGOLA"


Inoltre nella smorfia napoletana, l'aglio fa 3, mentre:
- sognare di mangiare un aglio, significa attraversare un periodo triste e se si vuole giocare al lotto il numero è 9
- sognare di piantare un aglio , vuol dire che è in arrivo un'avventura sentimentale piacevole e il numero da giocare al lotto è 35
- cogliere un aglio , significa che ci saranno discussioni con i propri familiari. da giocare il 41
- sognare di cucinare un aglio, significa che la vita affettiva sarà ricca; il numero da giocare è 12.

Ecco una famosa cantilena napoletana scaramantica contro il malocchio e che Peppino De Filippo era solito cantinellare quando impersonava il famoso Pappagone. Nel recitarla bisogna fare con le mani tre gesti di corna all'ingiù:
AGLIO, FRAVAGLIO
FATTURA CA NUN QUAGLIA
CORNA E BICORNA
CAPA R'ALICE E CAPA R'AGLIO.

Significa che con l'aglio si impedisce alle fatture di quagliare ossia di ottenere risultati positivi. Le alici e le fravaglie sono i piccoli pesci e, in quanto tali, simboli di Cristo (Ichtys).

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Nella medicina popolare.

L'aglio (Allium sativum) contiene, oltre a olio essenziale, oligoelementi e sali minerali, vitamine A, B1, B2, PP e C. E' un potente battericida naturale, espettorante, antisettico e ottimo ipotensivo. Stimola il cuore, facilita la circolazione e la depurazione del sangue ed è anche un potente vermifugo.
Ma, là dove questa pianta magica, famosa fin dalle epoche più antiche, assume una importanza notevole è nella medicina popolare e nelle pratiche contro gli scongiuri, capace com’è per le doti straordinarie che possiede di tenere lontani eventi negativi e malattie di qualsiasi genere.
L’aglio è il re dei controveleni. Mangiato crudo è il vermifugo per eccellenza tant’è che ancora oggi per questa spiccata proprietà antielmintica trova largo impiego ovunque. Nelle classi popolari se ne fa anche uso topico accompagnato da precisi rituali: strofinamenti di aglio sotto il naso; cataplasmi d’aglio pesto o impasti di aglio e midollo di pane a forma di ciambella da applicare sull’ombelico e sul ventre; unzioni d’aglio pesto con olio alle fosse nasali ed alle tempie; applicazioni al collo di collane con spicchi d’aglio un po’ pestati (a questa pratica sono attribuiti poteri vermifughi veramente notevoli sia perché con tale sfilza d’agli sotto il naso il puzzo per i vermi, e non solo per essi, è assolutamente insopportabile e sia perché, essendo gli agli disposti in forma di corona, all’efficacia intrinseca del rimedio si aggiunge la notevolissima virtù apotropaica della corona stessa). C’è chi arriva a mettere teste d’aglio, a scopo precauzionale, nelle culle dei bambini.
Oltre al questa potente azione antiverminosa, l’aglio, ha altre proprietà curative: pesto assieme a menta ed aceto diventa un potente disinfettante; guarisce le ulcerette della cornea e il polipo degli occhi: si tocca la testa del polipo con uno spicchio d’aglio sul quale è stata incisa una piccola croce e segnandosi tre volte si recita in ginocchio un’orazione ad hoc; strofinato, guarisce dalla puntura dello scorpione; preso per bocca o applicato sulla ferita guarisce dalla rabbia; libera dalla colica intestinale: col mignolo della mano destra si unge il ventre con aglio pesto; sotto forme diverse guarisce dal colera (vedi sopra): si mangia sempre a digiuno: pesto o a spicchi interi, da solo o infuso in aceto oppure si applica sull’ombelico; fa passare il raffreddore e allevia la sinusite: si fiutano i vapori di aglio bollito in acqua calda (suffumigio); contro la renella si ingoiano gli spicchi interi di un bulbo d’aglio completo; fa passare la paura: basta ungere d’aglio l’orlo di un bicchiere e applicarlo all’ombelico; l’aglio cura infine l’epilessia, la tosse, il mal di denti, la febbre quartana, il mal d’orecchi, il prurito; serve pure a curare alcune patologie degli animali domestici.

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martedì 28 maggio 2013

TOMBOLA NAPOLETANA

È il gioco della sorte legata ai numeri inventato a Napoli nel 1734, adottato all’estero e rigirato a noi sotto altro nome (Bingo).
Si tratta della Tombola la cui genesi si lega all’esoterismo e più precisamente alla cabala, detta anche càbbala o più esattamente Kabbalah, dall’ebraico qabbàlàh che significa ricezione, con la quale si indicano le dottrine mistico-esoteriche ebraiche, riferite a Dio e all’universo, rivelate ad una cerchia ristretta di persone e poi tramandate di generazione in generazione.

Secondo la qabbàlàh, nella Bibbia non esiste parola, lettera o numero privo di un significato celato, nel solco del simbolismo sul quale si basa il mondo stesso.
Su questa base i cabalisti formarono una dottrina interpretativa che formulò una concezione secondo la quale, utilizzando la correlazione numerologica tra lettere e numeri, era possibile calcolare il numero preciso corrispondente ad ogni parola.

A tutto ciò si unì la convinzione che i sogni fossero lo sfogo comunicativo delle forze extra umane, capaci però di manifestarsi anche tramite accadimenti naturali che venivano considerati segni del destino, e subito tradotti in numeri.

Si maturò così la codificazione e la numerazione dei simboli onirici e fisici che divennero elemento per tentare la fortuna nella Napoli del ‘700, città esoterica per antonomasia, dove il Lotto nacque come gioco popolare benché clandestino.
Resa indipendente Napoli nel 1734, il re Carlo di Borbone, nel suo illuminato progetto di sviluppo sociale e di accrescimento culturale, volle ufficializzare il gioco del Lotto nel Regno per strapparlo alla clandestinità che sottraeva entrate alle casse dello Stato.

Trovò però l’opposizione del frate domenicano Gregorio Maria Rocco, uomo di grande carisma e potere, noto in tutta la città perchè capace di ispirare numerose iniziative grazie alle quali la delinquenza fu decisamente arginata.
Il frate riteneva eticamente sbagliato introdurre un simile gioco in un regno in cui gli insegnamenti cattolici erano alla base del fondamento educativo. Si arrese al Re quando questi lo convinse che il Lotto, se giocato clandestinamente, avrebbe potuto arrecare danno alle tasche dei sudditi.

I due contendenti strinsero un patto secondo il quale il gioco del Lotto sarebbe stato sospeso nella settimana delle festività natalizie per evitare distrazione al popolo in preghiera. Ma ormai quel gioco era entrato nel costume dei cittadini che a quel punto, per non doverne fare a meno, si organizzarono per conto proprio.

Fu così che la fantasia popolare fece in modo che i novanta numeri del lotto fossero infilati nei cosiddetti “panarielli” di vimini e ognuno si disegnasse delle cartelle improvvisate con dei numeri scritti a caso. Il gioco pubblico del lotto divenne gioco familiare della tombola, figlio quindi del matrimonio tra il Lotto stesso e la fantasia dei Napoletani. La parola “tombola” deriverebbe da tombolare, ovvero roteare e far capitombolare i numeri nel “panariello”.



Gioco natalizio per eccellenza, proprio perché nato nel Natale del 1734, ma la Tombola è giocata a Napoli durante tutto l’anno nei quartieri popolari dove per tradizione possono partecipare esclusivamente donne che seguono la chiassosa chiamata dei numeri effettuata dai “femminielli”, mentre agli uomini è consentito solo assistere fermi sulla porta o alla finestra.










lunedì 27 maggio 2013

LA JANARA




La Janara nella credenza popolare napoletana, soprattutto in quella contadina, è una delle tante specie di streghe che popolavano i racconti popolari.


La Janara usciva di notte e si intrufolava nelle stalle dei cavalli per prenderne uno e cavalcarlo per tutta la notte. Completamente nuda e vecchia, una volta scoperta, aggrediva e addirittura sbranava le sue vittime.





 Aveva l'abitudine di praticare le treccine alla crina del cavallo che aveva preso, lasciando così un segno della sua presenza. Tante volte il cavallo non sopportava lo sforzo immane a cui era sottoposto, e moriva di fatica. Contrariamente a tutte le altre streghe, la Janara era solitaria e tante volte anche nella vita personale di tutti i giorni, aveva un carattere aggressivo e acido.


Per poterla acciuffare, bisognava immergersi completamente in una botte piena d'acqua per poi afferrarla per i capelli che erano il suo punto debole.


L'etimologia proposta per il termine popolare Janara, metteva in connessione tale nome con il latino ianua= porta, in quanto essa è insidiatrice delle porte, per introdursi nelle case.





Per allontanarla si è soliti mettere, davanti alla porta di casa, una scopa di fascine; La Janara è costretta a contare i rametti sottili; intanto scompare la luna e, con essa, anche il pericolo. Ancora oggi una piccola scopa, appesa alla porta o al muro di casa, è ritenuta uno "scaccia-guai".








venerdì 24 maggio 2013

BELLA MBRIANA




La "bella mbriana", nella credenza popolare napoletana, è lo spirito della casa e rappresenta uno spirito benigno. Avere questa presenza nelle case significa benessere e salute. Di aspetto avvenente regna, controlla e consiglia gli abitanti. Nel corso dei secoli, e ancora oggi, è l'antagonista del Munaciello. E' anche detta Meriana oppure "'Mmeriana". La derivazione etimologica proviene dal latino meridian, in cui mariana indica l'ombra quasi a rappresentare un'ombra sotto cui ripararsi oppure indica il significato etereo dell'essere. A testimonianza dell'affetto dei napoletani verso questa figura, è molto comune a Napoli, il cognome Imbriani derivante, appunto, da mbriana.



Alla bella 'Mbriana piace l'ordine e la pulizia e per questo una cosa trascurata la rende irascibile. Quando si decideva un trasloco, si cercava di parlarne fuori casa, in modo da non farla ascoltare per non tirarsi addosso le sue ire.




 In antico, si metteva a tavola un posto in più per lei e una sedia libera perché poteva entrare 'a bella 'Mbriana e sedersi per riposare. Se tutte le sedie fossero state occupate la nostra amica sarebbe potuta andar via con tutte le sciagure derivanti dalla mancata ospitalità.