martedì 21 maggio 2013

FANTASMA D'AVALONS



A Napoli tutti erano a conoscenza della tresca tra la bella Maria D'Avalos, legittima consorte di Carlo Gesualdo principe di Venosa, famoso madrigalista, innamoratissimo della splendida ma irrequieta Maria e Fabrizio Carafa duca D'Adria.
 La nobiltà sussurra, il popolo commenta, con divertita indulgenza, l'audacia dei clandestini amanti.
Ma l’amore rende ciechi. Don Carlo per qualche tempo non vede o non vuole vedere quel che gli succede intorno. Scrive d’amore pensando alla sua donna, le dedica malinconiche melodie, e chiude gli occhi su una verità troppo dura da accettare. La passione tra i due giovani amanti cresce ogni giorno di più, e presto anche la prudenza viene messa da parte. Insieme, contro tutto, malgrado tutto.
Nemmeno sull'uscio della camera nuziale di Maria sa fermare l’insaziabile desiderio. I mormorii della città si trasformano in un coro indignato. Tutti vedono. Tutti sanno. Tutti parlano. Solo Carlo  continua ad ignorare,  a non sapere, a non parlare.
Fino a quando un amico “premuroso”, che si assume l’onore e l’onere di informarlo, con spietata dovizia di particolari, dell’infamia. Pazzo di dolore e di gelosia, l’uomo tenta ancora di non arrendersi alla dolorosa verità. Concede all’adorata moglie l’ultimo, delirante, atto di fiducia: il beneficio del dubbio. Finge di partire per ritornare, a notte fonda, nella segreta speranza di trovare, sola e casta, la donna che ama. Vano desiderio. Estrema e impossibile speranza. Spalancata la porta di casa, ogni illusione si infrange miseramente contro l’immagine dei due amanti avvinti sul talamo.
 L’ira e la disperazione, troppo a lungo represse, impongono le loro crudeli ragioni.
Il principe di Venosa si getta su quei due corpi nudi, brandendo un pugnale colpisce accecato dall’odio e dalla passione, e…. ancora, ancora, e …. ancora. Fino ad uccidere. Pazzo di dolore, sporco di sangue, cammina per ore lungo le vie del centro, piangendo disperato e fuggendo poi via.

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